L’area archeologica dell’antica città di Herculaneum (attuale Ercolano), sepolta durante una eruzione del Vesuvio nel 79 d. C. e riportata alla luce a partire dal 1738, è considerata una delle più prestigiose testimonianze del passato. Al suo interno, negli ultimi anni, è stato finalmente aperto al pubblico l’Antiquarium che espone una raffinata selezione di reperti archeologici rimasti per molti anni in deposito oppure usati solo in occasione di mostre internazionali con lo scopo di diffondere nel mondo la conoscenza dell’enorme patrimonio archeologico che la città ha restituito. Tra i numerosi oggetti, molti dei quali ritrovati durante gli scavi condotti da Amedeo Maiuri dal 1927 in poi, tra le rovine della città sepolta, vi sono moltissimi artefatti di recente raccolti anche lungo la spiaggia antica dal 1981 in poi. Essi sono disposti in vetrine o nelle sale e costituiscono una delle più belle esibizioni di oggetti antichi riportati in vita dopo quasi duemila anni.
Il piccolo museo, ospitato in un edificio degli anni 70 del secolo scorso, è stato recentemente rinnovato (novembre 2023) con la presentazione di altri reperti di notevole pregio e straordinaria bellezza.
Nella prima sala di esposizione si ammirano le statue marmoree dei due geni funerari che furono ritrovati nei pressi dell’antica spiaggia durante gli scavi del 1981. Essi erano probabilmente posti sull’ara marmorea che la popolazione della città aveva eretto per ospitare le ceneri del defunto Marco Nonio Balbo, un cittadino non originario dell’antica Herculaneum che si era stabilito in città e vi era rimasto fino alla morte.
Accanto ai due geni dormienti, che incantano per la loro grazia e naturalezza, è esposta anche la Statua loricata di Marco Nonio Balbo ritrovata in frammenti in prossimità della spiaggia e alla base del monumento funebre.
Nella sala a sinistra dell’entrata, sono stati disposti invece i reperti provenienti dalla bella dimora, proprietà del duoviro e decurione Q. Granius Verus, nota come Casa dei Cervi, che affacciava direttamente sul mare prima dell’eruzione del 79. Sono esposte le due Statue marmoree dei Cervi assaliti dai cani, chiaro riferimento alla caccia e al mito di Diana e Atteone, che furono ritrovati nel giardino della ricca residenza. Qui furono rinvenute anche due belle rappresentazioni marmoree dell’eroe fondatore della città, il mitico semidio Ercole. La prima statua, definita il Satiro ebbro, rappresenta con molta probabilità Ercole giovane con un otre sulle spalle e la pelle del leone Nemeo che ne caratterizzano la figura, mentre l’altra, definita Hercules mingens, mostra l’eroe, adulto e barbuto, leggermente sbronzo, mentre cerca di liberarsi del cosiddetto nettare degli dei che aveva bevuto in grosse quantità. Nel centro dell’esibizione si ammira poi un tavolo di marmo con decorazioni leonine che era disposto nell’esedra, affiancata da due piccoli giardini, da cui si godeva di uno splendido panorama sul golfo di Napoli. Conclude l’esposizione di questa sala un grosso vaso di marmo ritrovato in un cubicolo diurno che affaccia su un piccolo giardino ai lati dell’esedra.

Rientrati nella prima sala di accesso al museo, si vedono esposte sulla destra di un corridoio moltissime anfore di terracotta, ritrovate in città, che testimoniano il commercio notevole che si era sviluppato, nel corso dei secoli, tra la città di Herculaneum e l’intera area del Mediterraneo nonché con i paesi orientali. Si producevano vini, profumi, fichi che venivano esportati in tutto l’impero e olio di oliva i cui resti sono attestati in alcune anfore ritrovate in una bottega della città antica.
Nella sala principale a destra dell’entrata, a cui si accede attraverso pochi gradini, sono stati esposti notevoli reperti ritrovati anche durante gli scavi più recenti come la bella Testa marmorea di Amazzone, rinvenuta nei pressi della cosiddetta Villa dei Papiri durante gli scavi effettuati tra il 1996 ed il 1998 e la eccezionale statua femminile detta Demetra/Hera che indossa il peplophoros di cui ho già parlato in altro articolo.
Sulla parete a destra sono esposti poi dei frammenti di un affresco proveniente dalla Villa dei Papiri che rappresenta degli ambienti visti in prospettiva. Un ramo che fuoriesce da una finestra, impreziosito da un nastro svolazzante, é posto sotto una cornice su cui si notano una porta aperta, posta obliquamente come se fosse la decorazione dell’interno di un tetto inclinato, ed un personaggio femminile in piedi in prossimità dell’uscio. Una coppa di vetro contenente della frutta è posta al centro della pittura al di sopra di una fascia verde dove sono delle figure mitologiche alate mentre a sinistra dell’affresco si intravvedono delle colonne scanalate attraverso un muro finestra abbellito da un fregio con animali fantastici al di sopra di una decorazione a losanghe. La composizione richiama alla mente gli affreschi della villa di Oplontis, la cosiddetta dimora di Poppea Sabina, che sembrano essere stati creati dalla stessa mano.
Al centro della sala è stata sistemata l’Idra di Lerna, una notevole opera in bronzo che rappresenta il mostro a nove teste, figlio di Echidna e Tifone, che Ercole dovette affrontare durante la seconda fatica. Il mostro serpente che si avvolge intorno a un platano, secondo la leggenda, fu addestrato da Hera affinché eliminasse Ercole. Costui, dopo aver tentato invano di ammazzare l’idra le cui teste si riproducevano ad ogni colpo tagliente inferto, si fece aiutare in quest’impresa da Iolaos che, con l’aiuto di una torcia, cauterizzò le teste che Ercole tagliava. L’Idra di Lerna, opera ancora ben conservata, fu rinvenuta nella cosiddetta Palestra, un’area che solo in parte è stata riportata alla luce sotto il viale di accesso all’area archeologica. Essa si trovava al centro di una piscina cruciforme che è ancora parzialmente sepolta sotto la spessa coltre di materiale piroclastico e le teste bronzee formavano lo zampillo di una fontana simile a quella, nota come Lacus Servilius, che Agrippa aveva donato a Roma nel Foro romano in età augustea. La sua realizzazione a Ercolano e la collocazione in un ambiente sportivo, volle forse rappresentare non solo il rapporto con la capitale ma anche il sentimento di fratellanza che legava gli abitanti della ricca città, a dimostrazione del potere che si ottiene unendo le forze per sconfiggere un nemico.
A sinistra della scala è stata poi esposta la bellissima pittura inserita in una cornice lignea carbonizzata che rappresenta Amorini affaccendati intorno a un tripode delfico e una cetra. Ogni putto alato tiene tra le mani un simbolo del dio Apollo quali la corona o il ramo di alloro, l’arco, la cetra, il mantello o la faretra. L’affresco è in ottimo stato di conservazione ed i colori sono ancora molto vivaci. La pittura con gli Amorini, la cetra ed il tripode proviene da un modesto appartamento posto al piano superiore di una bottega che affaccia sul Decumano Massimo. La fattura di tale opera è di notevole valore e la preziosità della cornice di legno che la circonda lascia comprendere che quest’unica opera all’interno di un modesto appartamento doveva avere un valore davvero eccezionale per il padrone di casa.La mostra continua nelle due salette attigue con altri reperti che erano già stati esibiti dal 2018 in poi. Tra di essi vi sono numerosi gioielli che testimoniano la ricchezza degli abitanti di Ercolano, strumenti chirurgici, chiavi, lampade, fiale per profumi e unguenti, tavoli e altro materiale. L’esposizione dona al visitatore una occasione per apprendere l’evoluzione del mondo greco-romano attraverso l’arte e l’artigianato che hanno restituito opere di notevole prestigio.

© 2023 Dr Maria Sannino